Il padre di Filippo Turetta si scusa: “Ho detto fesserie, temevo che mio figlio si suicidasse”. Ma l’Odg interviene: “Nessun interesse pubblico in quel colloquio”

La conversazione intercettata in carcere tra Filippo Turetta e il padre Nicola e resa pubblica nei giorni scorsi, sta facendo molto discutere. 

Chiedo scusa per quello che ho detto a mio figlio. Gli ho detto tante fesserie”, ha dichiarato Nicola Turetta, scusandosi davanti a tutta l’Italia per le parole rivolte al figlio e che sono state rese pubbliche.

Nicola Turetta si scusa per le parole dette al figlio Filippo in carcere
Nicola Turetta si scusa per le parole dette al figlio Filippo in carcere (Ansa Foto) – inews24.it

La conversazione, ricordiamolo, risale al 3 dicembre, quando lui e la moglie Elisabetta Martin hanno incontrato Filippo Turetta per la prima volta dopo che per giorni aveva vagato dopo aver ucciso l’ex fidanzata Giulia Cecchettin. Ha avuto luogo nella saletta del carcere.

Hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza. Non sei un terrorista. Devi farti forza. Non sei l’unico. Ci sono stati parecchi altri. Però ti devi laureare”. Queste parole adesso sono come un macigno per l’uomo, che dopo la pubblicazione della conversazione ha ammesso: “Non ho mai pensato che i femminicidi fossero una cosa normale. Erano frasi senza senso. Temevo che Filippo so suicidasse”. 

Nicola Turetta e la moglie Elisabetta finora sono sempre stati lontani dai riflettori, ma oggi lui ha sentito il bisogno di scusarsi. “Quegli istanti per noi erano devastanti. Non sapevamo come gestirli”. Dalle sue parole emerge la preoccupazione di un padre, dopo che in carcere c’erano stati altri tre suicidi e temeva per la vita del figlio. “Vi supplico, non prendete in considerazione quelle stupide frasi. Vi supplico, siate comprensivi”. 

E ancora: “C’erano stati altri tre suicidi a Montorio in quei giorni. Ci avevano appena riferito che anche nostro figlio era a rischio”. Un padre disperato che chiede scusa. Le sue parole hanno suscitato l’indignazione di moltissimi italiani, che ritengono che si possa banalizzare il tema dei femminicidi e della violenza di genere.

Anche Elena Cecchettin ha preso la parola sui social, per Giulia “e per le altre: scandalizzarsi per quello che è stato intercettato, e continuare a normalizzare la gelosia, scusare l’amico solo perché “un po’ possessivo”, o scherzare su stupro o femminicidio fa parte del problema. Scandalizzarsi e basta senza cambiare i propri comportamenti non porta a nulla”. 

L’Odg: “In quel colloquio nessun elemento rilevante per le indagini”

C’è chi condanna le parole di Nicola Turetta, ma anche chi contesta il fatto che conversazioni private tra padre e figlio siano state rese pubbliche. Tra questi, l’Ordine dei Giornalisti: “Il dovere del giornalista è distinguere cosa è essenziale per la comprensione dei fatti da ciò che è pura e semplice incursione nel dramma di genitori di fronte a un figlio che ha commesso un crimine terribile. Un dramma umano, quello del padre e della madre, che va rispettato”. Sono le parole del presidente nazionale dell’Odg Carlo Bartoli, in una nota, riferendosi alla pubblicazione delle intercettazioni dei dialoghi tra padre e figlio.

Non è in gioco la terzietà del giudice, così come da quel colloquio non emerge alcun elemento rilevante per le indagini e, quindi, di interesse pubblico”. “Serve rispetto per il dolore dei genitori di Turetta e rispetto per il rinnovato e atroce dolore dei familiari della vittima”. 

Carlo Bartoli, presidente nazionale Ordine dei giornalisti
Carlo Bartoli, presidente nazionale Ordine dei giornalisti (Ansa Foto) – inews24.it

Sulla stessa scia, l’ex presidente delle Camere Penali Italiane Gian Domenico Caiazza: “Siamo riusciti a costringere un povero padre disperato ad umiliarsi pubblicamente per chiederci scusa, dopo aver ascoltato contro ogni regola giuridica e umana una sua privatissima e drammatica conversazione. Sono io che chiedo scusa a lei, signor Turetta”, scrive su X, definendo la pubblicazione delle intercettazioni “un caso di pornografia giudiziaria”. 

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