Due studi recenti dimostrano che l’emicrania colpisce anche i bambini e lascia “impronte” nel cervello e nell’intestino. I dettagli.
L’emicrania lascia i segni nel cervello e nell’intestino dei giovanissimi. Emerge da due studi condotti dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Entrambe le ricerche potrebbero permettere di individuare percorsi mirati e personalizzati per la cura di questa malattia neurologica, che colpisce oltre un bambino su dieci.
L’emicrania colpisce circa l’11% dei bambini e degli adolescenti della popolazione pediatrica. È spesso causata da una predisposizione genetica e può presentarsi a qualsiasi età, anche nei primi mesi di vita. Tra i più piccoli, la malattia non si manifesta col mal di testa, ma con vomito ciclico, dolori addominali e articolari, vertigini, torcicollo e mal d’auto.
L’equipe del Centro per lo Studio e la cura delle cefalee in età evolutiva del Bambino Gesù, segue ogni anno 1.500 nuovi casi di bambini affetti da emicrania. “Corteccia cerebrale più sottile rispetto ai soggetti sani e modalità diverse con cui alcune aree del cervello e degli emicranici parlano tra di loro”. Questo, come si legge in una nota stampa del Bambin Gesù, sono i principali risultati dello studio condotto in due dasi dai ricercatori.
La ricerca è finanziata dal Ministero della Salute e dall’International Headache Society, ha evidenziato alcune differenze tra due gruppi studiati: soggetti sani ed emicranici. Le risonanze magnetiche effettuate e la tecnica di analisi morphometric similarity hanno rilevato differenti modalità di connessione tra le aree cerebrali (specie quelle delle funzioni esecutive e nell’elaborazione degli stimoli del dolore) e in corrispondenza di esse, anche una riduzione dello spessore della corteccia cerebrale. Ci sono differenze anche nella connessione cerebrale tra maschi e femmine.
“L’evidenza delle impronte che la malattia lascia sulla struttura e sulla connessione fra aree cerebrali indica la necessità di intercettare, e quindi curare, i pazienti emicranici fin da piccoli. Inoltre, le differenze fra maschi e femmine emerse dalla nostra ricerca suggeriscono l’adozione di piani terapeutici che tengano conto anche del genere, prospettiva che non è mai stata presa in considerazione neanche per gli adulti”. Lo spiega Massimiliano Valeriani, responsabile di Neurologia dello sviluppo del Bambino Gesù.
Come scritto, l’emicrania lascia segni anche nell’intestino, il cosiddetto secondo cervello. Emerge dallo studio condotto dal team di Neurologia dello sviluppo e di Microbiomica del Bambino Gesù su 98 pazienti emicranici tra i 6 e i 17 anni e su un gruppo di controllo con lo stesso numero di persone.
I ricercatori hanno confrontato campioni di feci, urine e sangue dei due gruppi ed è emerso che il profilo del microbiota dei pazienti affetti dall’emicrania, influenza alcuni processi metabolici come la produzione di serotonina e triptofano, che causano il mal di testa.
“Le implicazioni terapeutiche del nostro studio sono significative: per i pazienti resistenti alle comuni terapie antiemicraniche potrebbero essere considerati il trapianto fecale e terapie dietetiche a base di probiotici e prebiotici. Ulteriori ricerche potranno chiarire la relazione tra le alterazioni dei processi metabolici dei bambini con emicrania e la risposta ai farmaci aprendo la strada a cure sempre più mirate e personalizzate”. Lo dichiara nel comunicato stampa del Bambino Gesù, Laura Papetti, neuro-pediatra del Bambino Gesù, che ha coordinato la ricerca.
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