La denuncia in queste ore dell’organizzazione Save the Children: nella Striscia di Gaza alcune donne incinta si auto-inducono il travaglio.
Aveva appena avuto un infarto, ed il battito era debolissimo. All’arrivo del medico le hanno fatto un taglio cesareo per cercare di salvare lei e la bambina di circa 33 settimane. Per farlo, solamente guanti, una salvietta antisettica e un coltello. La donna, un’infermiera che lavorava all’ospedale di Al Shifa, non è sopravvissuta. È solo una delle innumerevoli tragedie che si stanno consumando nella Striscia di Gaza. Racconti raccolti da Save the Children presso il centro di assistenza sanitaria primaria di Deir Al-Balah, nel centro di Gaza.
Si stima che a Gaza siano nati 50mila bambini durante i nove mesi di conflitto e molte donne hanno partorito in condizioni traumatiche, non igieniche e non dignitose, senza avere accesso ai servizi di base. Da quel momento, hanno riportato un tasso di natalità mensile di 5.522 bambini a Gaza, compreso l’ultimo di maggio, cifre che rappresentano sia i bambini nati vivi sia quelli che potrebbero essere morti prima della nascita o a causa di complicazioni del parto.
Le donne si trovano ad affrontare sfide significative durante tutta la gravidanza, tra cui la mancanza di cibo e di acqua potabile, i frequenti spostamenti, il trauma della perdita di persone care e la paura di ferirsi o di morire. Condizioni terribili per le partorienti e per i neonati che lottano per sopravvivere nelle prime settimane di vita. I blackout elettrici comportano rischi estremi per i neonati gravemente malati, compresi quelli in incubatrice.
“Alcune donne hanno fatto scelte drastiche come l’autoinduzione del travaglio con l’uso di farmaci per paura di perdere il bambino in caso di fuga. – ha dichiarato Sharifa Khan, ostetrica dell’Unità sanitaria di emergenza di Save the Children – Una donna è stata portata d’urgenza al nostro reparto maternità con gravi complicazioni ostetriche dopo aver assunto autonomamente farmaci prima del termine, che le hanno causato una dilatazione eccessiva dell’utero e la sua rottura, con conseguenti gravi emorragie”.
L’équipe di sanitari è stata in grado di gestire la situazione, ma se la madre avesse tardato di pochi minuti a raggiungere l’unità di maternità, il bambino avrebbe potuto perdere la vita o nascere con disabilità. Anche la donna avrebbe rischiato di morire. Con la decimazione del sistema sanitario a Gaza e le significative restrizioni al lavoro delle agenzie umanitarie, le donne incinte e le neomamme non hanno avuto accesso ai requisiti sanitari e nutrizionali di base previsti dagli standard internazionali, ha dichiarato Save the Children. Questo ha causato gravi danni mentali e fisici a molte madri e ai loro bambini, alcune hanno adottato misure estreme per cercare di proteggere i loro figli non ancora nati.
“Ogni donna rimasta incinta in questo periodo avrà conosciuto solo paura, trauma, privazioni e sfollamento. – ha concluso Rachel Cummings, team leader di Save the Children a Gaza – Ogni madre che ha partorito lo ha fatto senza il supporto di cui tutte le donne hanno bisogno per partorire in sicurezza. E ogni bambino nato, che riesce a sopravvivere a queste condizioni, avrà conosciuto solo la guerra. Chiediamo un cessate il fuoco immediato e definitivo”.
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