Per il caso degli stupri delle cuginette del “Parco Verde” Caivano sono stati condannati tre minorenni dopo i due maggiorenni.
Si è chiuso quindi il filone processuale per i tre imputati minori, condannati con rito abbreviato rispettivamente a 10 anni e 8 mesi il primo, e a 9 anni gli altri due. La scorsa settimana erano stati condannati in primo grado anche i due maggiorenni. Il verdetto per i primi tre è stato emesso dal giudice del Tribunale per i Minorenni di Napoli Anita Polito, al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato.
Si tratta di tre dei sette minorenni coinvolti negli abusi compiuti la scorsa estate a Caivano, in provincia di Napoli. Le vittime sono due cuginette di 12 e 10 anni. La sentenza è giunta al termine di una breve camera di consiglio. Il 5 luglio, pene tra 9 anni e 10 anni e otto mesi di reclusione, erano state invocate dal pm Claudia De Luca. Lo stesso giorno erano stati condannati due maggiorenni coinvolti nelle violenze.
In quel caso Pasquale Mosca di 20 anni, è stato condannato a 13 anni, 4 mesi e 20 giorni di reclusione. Giuseppe Varriale di 19 anni, a 12 anni, 5 mesi e 10 giorni. Per l’avvocato Angelo Pisani, che assiste la famiglia di una delle due bimbe di 10 e 12 anni si tratta di una condanna giusta ed esemplare per chi ha umiliato e violato la vita. Distruggendo l’anima di bambine innocenti. I criminali, insomma, non sono solo colpevoli di abusi sessuali, ma anche vittime anche del degrado.
“Vittime dell’inferno delle periferie come Caivano – ha commentato Pisani – e tanti altri quartieri simili in Italia, abbandonati e sfruttati per anni anche dalla malapolitica. La condanna di circa 10 anni per i responsabili riflette la necessità di giustizia per le vittime. Che purtroppo non potranno mai dimenticare ed esser risarcite con nessuna sentenza di condanna per quanto subito”. L’avvocato Clara Niola, legale della madre di una delle due cuginette, ha detto che “siamo compiaciuti dell’esito raggiunto. Ma non dobbiamo dimenticare che, trattandosi di imputati minorenni, non ci sono né vincitori né vinti”.
“Il contesto di povertà educativa – ha affermato Niola – in cui hanno avuto luogo i fatti, è un contesto sociale ed umano non supportato dai giusti interventi (nonostante ve ne siano stati). E le violenze sono state poste in essere perché sganciate da una dimensione di rispetto per l’altro. Questi eventi facciano da monito a noi tutti. Per poter offrire sempre più ai nostri giovani dei modelli positivi di riferimento da imitare, coi quali potersi confrontare per evitare che altre vicende analoghe possano verificarsi. Con ciò senza dimenticare le famiglie di tutti i minorenni, a vario titolo coinvolti, da supportare in percorsi di sostegno umano”.
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