La Procura di Treviso e i carabinieri stanno indagando senza sosta sull’omicidio del 25enne barman Alex Marangon.
Sul corpo del giovane sono state trovate numerose costole rotte. Il cadavere è stato ritrovato il 3 luglio scorso sul greto del Piave, quattro chilometri dal punto in cui era stato visto vivo l’ultima volta. Le fratture, stando agli ultimi dettagli emersi dall’autopsia, sono soprattutto sul lato sinistro del corpo e sono compatibili con dei colpi di bastone o di una pietra di fiume. Al momento però la possibile arma del delitto non è ancora stata ritrovata.
Al centro dell’inchiesta il “rituale” che ha preceduto la tragedia. Una sorta di raduno new age tenutosi all’abbazia di Vidor. Alex era lì con un conoscente. È scomparso il 30 giugno e ritrovato privo di vita due giorni dopo. Il ragazzo, secondo alcuni testimoni, era stato visto allontanarsi dall’abbazia verso il Piave seguito da due persone che erano al raduno. I due, però, hanno detto di aver desistito nel seguirlo tornando sui loro passi.
Un amico avrebbe confidato alla famiglia che Alex Marangon aveva già partecipato a due incontri del rituale al centro dell’indagine sulla sua morte ma era preoccupato in vista del terzo, quello dopo il quale è stato trovato morto. Il 25enne avrebbe manifestato “timori e preoccupazioni” in vista dell’appuntamento. Ma non è chiaro se questa circostanza sia già all’attenzione degli inquirenti che stanno ricostruendo le circostanze della sua morte.
Nelle scorse ore i carabinieri hanno interrogato cinque partecipanti al “rito” di Vidor. Uno dei punti centrali dell’indagine è chiarire il “buco” di tre ore, dal momento in cui Alex si è allontanato dai compagni, intorno alle 3 di notte, alla richiesta d’intervento fatta alle 6 ai carabinieri da parte del proprietario dell’area, dopo essere stato avvisato della scomparsa del 25enne. Gli investigatori sentiranno nuovamente nei prossimi giorni altre persone che erano presenti al raduno, una ventina in tutto. Mentre è in programma a metà settimana un altro più approfondito sopralluogo a Vidor e sul greto del fiume Piave a Ciano.
“Hanno paura di parlare però a questo punto si mettano una mano sul cuore, dicano qualcosa, non può finire così”, hanno fatto sapere i familiari. A seguito dell’autopsia l’avvocato Nicodemo Gentile, che assiste la famiglia Marangon, aveva affermato che l’esame “restituisce un quadro inquietante, quello di una aggressione potente, sfuggente, nel corso di una colluttazione che male si concilia con il caso”. I familiari, tramite il legale, si erano già appellati al gruppo di una ventina di persone che ha partecipato al rito all’abbazia sconsacrata di Vidor: “Con spirito di pietà, parlate: più persone sanno quello che è successo”.
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