Novanta tra morti e dispersi a giugno nel mar Mediterraneo secondo l’Unhcr. Il commento dell’ong Sos Humanity: “Una delle rotte più letali”.
“L’incapacità di fornire assistenza, l’esternalizzazione delle responsabilità a Paesi terzi e l’ostruzione del soccorso marittimo da parte dell’Ue e dei suoi Stati membri, come l’Italia e Malta, rendono il Mediterraneo una delle rotte dei rifugiati più letali al mondo”. Così Mirka Schäfer, esperta di politiche di Sos Humanity, in esclusiva per iNews24.
Stando ai dati forniti dall’Agenzia Onu per i rifugiati, sono poco meno di 4.700 le persone sbarcate sulle coste Italiane nel mese di giugno. Il dato è in linea con il mese precedente (4.976). A gennaio, febbraio, marzo, aprile gli arrivi erano stati, rispettivamente, 2.258, 2.301, 6.857, 4.721. Le persone in arrivo sulle coste Italiane a giugno sono partite da Libia, Tunisia e Turchia. La Libia è stato il primo Paese di partenza per gli arrivi via mare in Italia, con il 66% di tutti gli arrivi.
Il 61% delle persone arrivate a giugno sono sbarcate a Lampedusa. Altri porti di sbarco includono Roccella Ionica, Genova, Augusta, Catania. Da inizio anno, le nazionalità di origine prevalenti sono state: Bangladesh (21%), Siria (15%), Tunisia (13%), Guinea (8%), Egitto (6%), Pakistan (4%), Gambia (3%), Mali (3%), Sudan (3%), e Costa d’Avorio (3%).
Nel mese di giugno sono stati riportati 90 morti e dispersi, un dato sottostimato perché basato solo sulle informazioni raccolte dallo staff di Unhcr presente agli sbarchi in Italia. Le vittime sono 66, mentre 24 persone risultano tuttora disperse. Fra le vittime, 12 corpi, avvistati dall’aereo Seabird della ong Sea Watch a nord di Janzour. Sono stati recuperati dalla nave della ong Geo Barents e dalla nave della ong Ocean Viking nel secondo fine settimana del mese.
“I dati del nostro rapporto ‘Humanity overboard’ mostrano nero su bianco – ha continuato Schäfer – come le richieste di soccorso delle persone in fuga attraverso il Mediterraneo centrale non vengano deliberatamente trasmesse alle navi di soccorso civili. I soccorsi sono ostacolati dalle autorità europee o interrotti dalla cosiddetta Guardia costiera libica, in alcuni casi con la forza delle armi”.
Il 17 giugno sono stati sbarcati a Lampedusa 54 sopravvissuti al naufragio di una barca di legno partita da Zuwarah, in Libia e 10 corpi soffocati sottocoperta. Il giorno stesso, 11 sopravvissuti ad un naufragio e un corpo sono stati sbarcati a Roccella Jonica, in Calabria. Dopo lo scoppio del motore, l’imbarcazione partita da Bodrum, in Turchia, si è ribaltata a 110 miglia nautiche dalle coste italiane. I sopravvissuti hanno resistito quattro giorni in mare prima di essere salvati. Sono stati recuperati 41 corpi, mentre 24 persone risultano ancora disperse.
“Le persone in difficoltà vengono lasciate annegare consapevolmente, – ha concluso Schäfer – la loro scomparsa silenziosa nel vasto mare è data disumanamente per scontata, oppure vengono riportate forzatamente in Libia da criminali pagati a caro prezzo e falsamente etichettati come guardacoste. Si tratta di una violazione del diritto internazionale. Sos Humanity chiede all’Ue e ai suoi Stati membri di ripristinare l’Europa come “spazio di libertà, sicurezza e giustizia”.
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