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Le spiagge italiane non sono più le stesse: l’erosione costiera ed i cambiamenti climatici

L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha pubblicato un nuovo censimento delle spiagge italiane.

Si tratta di un aggiornamento ed un’integrazione dei dati costieri del 2020, completando le informazioni già elaborate gli scorsi anni per la linea di costa e la linea di retrospiaggia. Uno dei primi risultati è che la superficie complessiva delle spiagge italiane è di 120 km quadrati.

Le spiagge italiane non sono più le stesse (Ansa Foto) – inews24.it

La profondità media è di circa 35 metri e occupano il 41% delle coste, ovvero 3400 km, su un totale di più di 8300 km. Le tipologie sono diverse: si va dalle grandi spiagge di Rimini o della Locride, fino alle piccole e suggestive “pocket beach” tra le scogliere dell’Asinara o alle spiaggette che sopravvivono tra i porti, i lungomare o le scogliere artificiali davanti le nostre città di mare.

Ispra ha pubblicato il database geografico degli elementi che compongono l’assetto costiero, da oggi integrato con la componente delle spiagge, seguendo la direttiva europea “Inspire” per la non proliferazione dei dati, strumento utile agli studi ed alla pianificazione in ambito costiero.

La distribuzione della superficie per lunghezza di costa occupata dalle spiagge non è affatto uniforme tra le varie Regioni. Sono quelle del sud e le isole maggiori a costituire oltre due terzi delle spiagge italiane. Mentre Regioni come la Liguria o l’Emilia-Romagna si trovano a dover gestire una risorsa relativamente ridotta. Le condizioni non cambiano di molto se si passa a considerare i valori della superficie delle spiagge italiane, con le Regioni del sud che da sole valgono metà della superficie nazionale e la Calabria che, da sola, vale il 20% del totale.

La comparazione tra i due valori (costa occupata e superficie) non trova corrispondenza perché la conformazione dei territori genera spiagge di profondità molto diverse. Le spiagge adriatiche, infatti, sono generalmente le più profonde, con quelle del Veneto profonde mediamente 67 m e quelle dell’Emilia-Romagna 72 m, circa il triplo dei valori di Liguria (26 m) e Sardegna (22 m).

Per quanto riguarda l’erosione costiera e gli effetti dei cambiamenti climatici, questi elementi riguardano la litologia delle spiagge (sabbia, ciottoli). Si è rilevato che circa l’1% dei poligoni è in effetti costituito esclusivamente da accumuli di biomassa, con la base appoggiata proprio sul fondale marino.

Le spiagge italiane: accumuli di biomassa

Questi accumuli possono essere costituiti dalle banquettes di Posidonia spiaggiata o da altri materiali vegetali (tronchi, canne) che, quando non eliminati, possono costituire un elemento di “elasticità della spiaggia” che la protegge contro l’azione delle mareggiate. Per questi rilievi sono state utilizzate prevalentemente le immagini satellitari e fotografiche di Google Earth.

Le tipologie delle spiagge sono diverse (Ansa Foto) – inews24.it

Lo scopo era definire la presenza di accumuli di biomassa nel periodo compreso tra il 2016 ed il 2024. Ne è emerso che in circa metà delle spiagge italiane si presentano almeno tracce di tali accumuli (53%), in una quantità che tende a non essere costante ma a sparire o magari aumentare da una stagione all’altra e da un anno all’altro.

Francesco Ferrigno

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