Il fondatore di WikiLeaks Julian Assange si è dichiarato colpevole delle accuse a suo carico: scarcerato, è atteso in Australia.
Assange ha lasciato ieri il penitenziario britannico di Belmarsh, dove era detenuto da circa cinque anni. Il giornalista e il Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti sono addivenuti ad un patteggiamento. Assange è stato accusato di cospirazione ai fini di ottenere e distribuire illegalmente materiali classificati relativi alla difesa nazionale.
Il fondatore di WikiLeaks era in attesa di una sentenza dopo più di tredici anni di battaglie legali, prima da recluso nell’ambasciata ecuadoriana, e poi da detenuto di un carcere di massima sicurezza britannico. Le autorità statunitensi intendevano processare il 52enne australiano ai sensi dell’Espionage Act per la pubblicazione da parte di WikiLeaks di numerosi documenti riservati.
Quei contenuti innescarono scandali in merito all’operato dell’Esercito Usa in Iraq, ad attività di spionaggio Usa ai danni dei Paesi alleati e alla regolarità delle primarie del Partito Democratico Usa nel 2016. Secondo le autorità federali statunitensi, la pubblicazione dei documenti avrebbe messo a rischio l’incolumità di personale d’intelligence statunitense.
Le battaglie legali di Assange sono iniziate nel 2010, quando il fondatore di WikiLeaks venne arrestato nel Regno Unito per presunte violenze sessuali sulla base di un mandato d’arresto spiccato da un Tribunale di Stoccolma. Appena ottenuta la libertà provvisoria, il dicembre di quell’anno, Assange si rifugiò nell’ambasciata londinese dell’Ecuador, sostenendo che le accuse a suo carico fossero un pretesto per estradarlo negli Stati Uniti.
Le accuse di stupro vennero presto ritirate, ma Assange trascorse all’interno dell’ambasciata i sette anni successivi. Prima di essere arrestato dalle autorità britanniche con l’accusa d’aver violato le condizioni della libertà vigilata che gli era stata concessa nel 2010. Da allora Assange à rimasto recluso nel famigerato penitenziario britannico di massima sicurezza di Belmarsh.
Durante la detenzione ha sposato la sua ex avvocata Stella Moris. Nel 2022 le autorità britanniche avevano approvato l’estradizione di Assange negli Usa dopo il parere contrario inizialmente espresso da un giudice sulla base delle precarie condizioni di salute dell’uomo e del presunto rischio di suicidio.
“Julian è libero. – ha scritto Stella – Le parole non possono esprimere la nostra immensa gratitudine”. Christine, madre di Julian, ha detto di “essere grata che il calvario di suo figlio sia finalmente giunto al termine. Ciò dimostra l’importanza e il potere della diplomazia silenziosa”. Il premier australiano ha affermato di ”volere che venga riportato a casa”.
Anche in Italia le reazioni non si sono fatte attendere. Per Vittorio di Trapani, presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi) “resta il precedente grave di una persecuzione durata anni. Nei confronti di chi ha semplicemente pubblicato documenti di interesse pubblico. Con i quali si denunciavano crimini di guerra”. Il deputato di Avs Angelo Bonelli ha ricordato che “Wikileaks ha reso pubbliche drammatiche verità. A partire dall’uccisione di civili iracheni da parte di elicotteri Usa”.
Julian Assange, le reazioni dall’Italia
La senatrice Cinzia Pellegrino, coordinatrice nazionale del Dipartimento Vittime di Fratelli d’Italia ha commentato: “L’accordo arriva mesi dopo la dichiarazione del presidente Joe Biden, il quale aveva reso noto di voler valutare la richiesta di Canberra di non perseguire più Assange, annullando quindi le accuse contro di lui. Ed è quello che auspichiamo anche noi”. Per gli europarlamentari del Movimento 5 Stelle, invece, “La determinazione con la quale il fondatore di Wikileaks ha affrontato la lunga e tormentata vicenda giudiziaria che lo ha colpito è encomiabile. E lo trasforma in un eroe contemporaneo”.
“Il patteggiamento concordato con le autorità statunitensi consentirà al fondatore di Wikileaks di fare ritorno nella sua Australia. – ha fatto sapere Ilaria Cucchi, senatrice di Avs – Insomma, è la parola fine, o quasi. Finalmente. L’ingiustizia che ha dovuto patire sulla propria pelle Assange, colpevole di necessaria informazione, si conclude così, con un sospiro di sollievo”.