La Direzione Investigativa Antimafia (Dia) ha tracciato in queste ore il bilancio della lotta alla criminalità organizzata.
La mafia ha cambiato definitivamente volto, l’arresto di Matteo Messina Denaro ha chiuso un’epoca. Alla violenza e al sangue si preferiscono le infiltrazioni ad ogni livello, imprenditoriale e politico; i pizzini cedono il passo ai messaggi crittografati. Eppure quei vecchi boss ricchi, potenti e violenti servono ai nuovi ras per continuare ad imporsi nell’immaginario collettivo. E per continuare ad accrescere capitali e consensi.
È una malavita in costante evoluzione, al passo con i tempi e per questo difficile da inseguire, colpire duramente ed abbattere quella che emerge dalla nuova relazione della Dia. Il rapporto si riferisce al periodo gennaio – giugno 2023.
Il ricorso alla violenza, agli omicidi, ai ferimenti, alle bombe è qualcosa di obsoleto, e compromette gli affari. Oggi, insomma, le mafie preferiscono rivolgere le proprie attenzioni ad ambiti affaristico-imprenditoriali, approfittando della disponibilità di ingenti capitali accumulati con le tradizionali attività illecite.
Le organizzazioni mafiose, da tempo avviate ad un processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti socio-economici ed alla vantaggiosa penetrazione dei settori imprenditoriali, hanno implementato le capacità relazionali sostituendo l’uso della violenza, sempre più residuale ma mai ripudiato, con strategie di silenziosa infiltrazione e con azioni corruttive.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) rappresenta un importante pacchetto di investimenti e riforme attualmente in corso di implementazione. A causa dell’alto valore complessivo dei finanziamenti coinvolti, sussiste il rischio che le organizzazioni mafiose possano manifestare interesse per tali fondi, aumentando il fenomeno di infiltrazione nell’economia legale.
Con il liberarsi dal modello di una mafia di vecchia generazione, aderendo piuttosto alla nuova ed accattivante immagine imprenditoriale, l’uso della tecnologia assume un ruolo determinante per l’attività illecita delle organizzazioni criminali, che con sempre maggiore frequenza utilizzano i sistemi di comunicazione crittografata, le molteplici applicazioni di messaggistica istantanea e i social.
Come ha ricordato il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo, in audizione davanti alla commissione antimafia, le tecnologie digitali sono ormai “il cardine organizzativo delle reti criminali, non solo delle reti mafiose”. Esse rappresentano “un moltiplicatore della capacità operativa delle reti criminali“. In generale, per Melillo, le organizzazioni criminali mafiose “vivono nel cyberspace” e “lo piegano a fini più diversi”.
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