La criminalità si sarebbe infiltrata nella gestione delle domande del Decreto Flussi, divenendo un canale per l’immigrazione irregolare.
Un’ipotesi che ha portato la premier Giorgia Meloni a consegnare questa mattina un esposto nelle mani del procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo Giovanni Melillo. La presidente del Consiglio ne ha parlato poche ore dopo nell’ambito di un’informativa sull’immigrazione al Consiglio dei ministri.
“I ‘decreti flussi’ – ha detto Meloni – sono stati utilizzati come meccanismo per consentire l’accesso in Italia, per una via formalmente legale e priva di rischi, a persone che non ne avrebbero avuto diritto, verosimilmente dietro pagamento di somme di denaro (fino a 15mila euro per ‘pratica’)”. La premier ha annunciato anche che sono stati abbattuti “del 60% gli arrivi illegali rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un risultato possibile soprattutto grazie ai rapporti di collaborazione con i paesi del Nord Africa, Tunisia e Libia in testa”.
Proprio domani si riunirà a Roma il “Gruppo di lavoro misto italo tunisino” allo scopo di formalizzare “un’area marittima (una cosiddetta ‘Sar’, ndr) che preveda l’intervento delle navi tunisine per svolgere opera di soccorso e ricondurre i migranti nel porto sicuro più vicino, cioè in Tunisia”. I dati sono confermati da un documento pubblicato proprio oggi dal Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del ministero dell’Interno. Tra le statistiche anche un grafico che illustra la situazione relativa al numero dei migranti sbarcati dal 1 gennaio al 4 giugno 2024, pari a 21.574. Nello stesso periodo dello scorso anno gli sbarchi registrati erano 51.628.
Statistiche che hanno scatenato la reazione del responsabile Sicurezza del Pd, ex viceministro dell’Interno, Matteo Mauri. “La premier si dimentica di dire – ha affermato Mauri – che i dati dei primi cinque mesi del 2024 (21.574 arrivi) sono però più alti di quelli dello stesso periodo del 2022 (20.154). E cioè di quando lei era all’opposizione, a Palazzo Chigi c’era Mario Draghi e al Viminale c’era Luciana Lamorgese. E soprattutto la presidente Meloni si dimentica di dire che i dati di quest’anno sono molto più alti di quelli dello stesso periodo del 2021 (14.687)”.
A tenere banco, però, è soprattutto il caso della presunta infiltrazione della criminalità organizzata nella gestione del Decreto Flussi. “È evidente che se, come immagino, – ha spiegato la premier – da una parte l’autorità giudiziaria aprirà una o più indagini in base agli elementi forniti e farà seguire la necessaria opera di accertamento per il passato, dall’altro lato le soluzioni per fermare questo meccanismo in futuro competono al governo”. Il Decreto è emanato annualmente dal Governo (a partire dal 2001 in attuazione della Legge Turco-Napolitano) e stabilisce le quote di ingresso dei cittadini stranieri non comunitari che possono entrare in Italia per motivi di lavoro. Ogni anno il Viminale organizza dei “click day”, in via telematica quindi, per la ricezione delle istanze. Nei tre click day di marzo sono state presentate circa 690mila domande.
È qui che il meccanismo sarebbe stato “inquinato”. Un gruppo tecnico di lavoro coordinato dalla Presidenza del Consiglio, che vede la partecipazione del ministero dell’Interno, del ministero degli Esteri, del ministero del Lavoro, del ministero dell’Agricoltura e del ministero del Turismo, ha notato numerose anomalie. Prima fra tutte il fatto che la stragrande maggioranza degli stranieri entrati in Italia negli ultimi anni avvalendosi del Decreto Flussi proviene da un unico Stato, il Bangladesh, dove le autorità diplomatiche sono già in stato d’allerta per fenomeni di compravendita dei visti per motivi di lavoro.
Altra anomalia, forse ancor più importante, è che in alcuni territori il numero di richieste sarebbe enorme rispetto alla capacità di assorbimento del tessuto produttivo locale. Dunque balza facilmente agli occhi. In quasi tutte le regioni italiane ci sarebbe uno scarto significativo tra chi entra per finalità di lavoro e chi effettivamente poi sottoscrive un contratto di lavoro.
“I bengalesi, ricordo, sono anche la prima nazionalità di immigrazione illegale nei primi cinque mesi di quest’anno”, ha detto Meloni. L’ipotesi sulla quale la premier ha chiesto un approfondimento all’Antimafia è che le organizzazioni criminali estere siano collegate con quelle operanti sul territorio italiano. “Ci troviamo di fronte a un meccanismo di frode – ha concluso la premier – e di aggiramento delle dinamiche di ingresso regolare, con la pesante interferenza del crimine organizzato, che dobbiamo fermare e correggere, esattamente come abbiamo fatto, e stiamo facendo, per il superbonus edilizio e per il reddito di cittadinanza”.
Un fenomeno che diverse Procure, tra cui Napoli, starebbero monitorando da tempo a causa dell’abnorme numero di domande di nulla osta al lavoro per extracomunitari, durante il click day, registrato in Campania. “È opportuno che la commissione Antimafia convochi in audizione la premier Meloni e il procuratore nazionale Melillo, in relazione all’esposto su ipotesi di infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione di flussi di migranti. – hanno commentato la responsabile Giustizia Pd Debora Serracchiani, il capogruppo in commissione Walter Verini, la responsabile Legalità Vincenza Rando – È necessario che anche il Parlamento, attraverso la bicamerale Antimafia, accenda fari, contribuisca a fare chiarezza, contrastando e colpendo, dove ci sono, illegalità e traffici illeciti, ma evitando nel contempo rischi di speculazioni“.
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