La Cina agirà in ogni momento per frenare l’indipendenza di Taiwan e chiunque oserà separare Taipei da Pechino “sarà fatto a pezzi”.
Così il ministro della Difesa cinese Dong Jun. Parole che hanno fatto salire ai massimi livelli la tensione in Asia. Dong ha preso la parola nelle scorse ore nell’ambito dello Shangri-La Dialogue di Singapore, la conferenza sulla sicurezza dell’Asia organizzata dall’Istituto Internazionale per gli Studi Strategici (Iiss).
I campanelli d’allarme erano risuonati già il 20 maggio scorso in occasione del discorso d’insediamento del nuovo presidente di Taiwan, William Lai. Quest’ultimo ha definito Taiwan una nazione sovrana ed indipendente, senza alcuna subordinazione alla Repubblica popolare di Cina. Pochi giorni dopo Pechino ha ordinato un’esercitazione militare su larga scala intorno all’isola, simulandone il blocco e la presa del controllo. Il capo del Pentagono Lloyd Austin ha quindi avvertito delle mosse aggressive della Cina nell’area, comprese anche alcune mosse aggressive contro delle navi filippine.
Bisogna ricordare che la Cina considera Taiwan dal 1945, anno della fondazione della Repubblica Popolare, un suo territorio nazionale e vorrebbe annettere l’isola. Dietro tale volontà ci sono motivi ideologici, ma anche economici, strategici e militari. Due tra tutti: Taiwan è tra le prime 20 economie del pianeta; la sua posizione permetterebbe alla Cina di aumentare la propria influenza militare sul Pacifico. Ad opporsi gli Stati Uniti che proprio in quella regione, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, hanno a disposizione una serie di avamposti militari e strategici.
Taiwan è al centro degli interessi della Cina
Tornando al vertice di ieri, il ministro Dong ha detto che “l’Esercito popolare di liberazione è sempre stato una forza indistruttibile e potente in difesa dell’unificazione della madrepatria, e agirà in ogni momento con risolutezza e con forza per frenare l’indipendenza di Taiwan e per garantire che i suoi tentativi non abbiano mai successo”. Taiwan, dunque, è al centro degli interessi della Cina che vorrebbe una riunificazione pacifica ostacolata però da “da separatisti e forze straniere”. “Vari piccoli gruppi – ha continuato Dong – che prendono di mira altri Paesi non possono rendere la nostra regione più sicura, ma possono solo causare ulteriori tensioni”. L’Ufficio presidenziale di Taiwan ha replicato a Dong, sostenendo che le politiche dell’isola che sono invece a sostegno dello status quo.
Da segnalare che nei giorni scorsi a colloquio con Dong c’è stato anche l’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Ue, Josep Borrell. ”Ho avuto una discussione schietta con l’ammiraglio Dong Jun, ministro della Difesa cinese. – ha spiegato Borrell – Abbiamo discusso della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, delle crescenti tensioni nel Mar Cinese Meridionale e nello Stretto di Taiwan. Il dialogo è essenziale per aumentare la comprensione reciproca e affrontare le nostre preoccupazioni”.